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Per Aspera Ad Veritatem n.25
Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale

Samuel P. Huntington - Garzanti Libri, 2000



La lettura del saggio di Samuel P. Huntington, professore alla Harvard University, già direttore del John T. Olin Institute for Strategic Studies e presidente della Harvard Academy for International and Area Studies, risulta strumento indispensabile per chi intenda approfondire, con critica consapevolezza, la comprensione dei fatti che hanno caratterizzato l’inizio del nuovo millennio.
I tragici eventi dell’undici settembre hanno riproposto con drammatica attualità le analisi espresse nel libro: le previsioni che lo scrittore prefigurava già nel lontano 1996 – anno in cui l’opera fu pubblicata per la prima volta – trovano riscontro con la realtà scaturita a seguito dell’attacco alle Twin Towers ed agli avvenimenti che attualmente si verificano nel Medioriente.
L’opera, molto discussa e di notevole successo, intende tracciare un modello interpretativo dello scenario politico mondiale che risulti valido per gli studiosi ed utile per i politici.
Secondo l’Autore, la fine della guerra fredda non solo non ha prodotto un modello unico di civiltà – quello liberal-democratico occidentale – ma ha al contrario consentito alle varie civiltà maggiore libertà di sviluppo autonomo.
Il crescente conflitto tra gruppi di diverse civiltà costituisce, a detta dell’Autore, l’elemento centrale e più pericoloso dello scenario politico internazionale: cultura e identità culturali contrassegnano il mondo post guerra fredda e sono la base per i processi di coesione, disintegrazione e conflittualità delle rispettive civiltà.
Huntington ritiene, in altre parole, che sotto la spinta della modernizzazione, la politica planetaria si sta ristrutturando secondo linee culturali. I popoli e i paesi con culture simili si avvicinano. Le alleanze determinate da motivi ideologici o dai rapporti tra le superpotenze lasciano il campo ad alleanze definite dalle culture e dalle civiltà. I confini politici vengono ridisegnati affinché coincidano con quelli culturali.
Proprio il crescente conflitto fra gruppi di differenti civiltà rappresenta la parte fondamentale e, molto probabilmente, più rischiosa dello scenario politico internazionale che oggi si va tracciando.
Nell’individuare nove diverse civiltà, l’Autore ritiene che esse stiano riorientandosi sia su basi ideologiche, sia su basi religiose. La matrice religiosa, in particolare, potrà realizzare alleanze sino a qualche decennio fa impensabili: un’alleanza cristiana tra l’area ortodossa, quella protestante e quella cattolica, per esempio.
È questo l’aspetto che più di altri ha stimolato la vis polemica dei numerosi commentatori. Più che uno scontro tra stati guida delle grandi civiltà, che con scarsa probabilità sono in grado di confrontarsi in uno scontro militare mirato, il maggior pericolo è rappresentato dai cd. conflitti di faglia, quei conflitti, cioè, che si sviluppano tra Stati limitrofi, appartenenti a civiltà diverse, tra gruppi che tentano di costruire nuovi stati dalle macerie di quelli vecchi.
La localizzazione a livello regionale di tali conflitti nonché l’appartenenza a diverse civiltà li rendono violenti e sanguinosi. Tendono a prolungarsi nel tempo e, soprattutto, sono faticosamente sanabili dai consueti canali diplomatici; inevitabilmente si espandono e crescono d’intensità con il rischio, nel breve periodo, di una escalation molto maggiore rispetto ad un conflitto tra paesi appartenenti a una stessa civiltà, condizione potenzialmente valida per portare ad uno scontro fra stati guida.
L’Autore illustra a tinte fosche le previsioni per il medio termine, sostenendo che intorno al 2010 potrebbe aver luogo una nuova guerra mondiale in cui la divisione per civiltà avrebbe un ruolo fondamentale. Il conflitto potrebbe avere inizio nel momento in cui lo stato guida di una civiltà si intromettesse negli affari tra un altro stato guida e un terzo stato appartenente alla civiltà del secondo. Tale intromissione sarebbe vissuta come inaccettabile e potrebbe scatenare il conflitto su scala mondiale in cui le diverse civiltà si affronterebbero secondo alleanze non necessariamente scritte.
Immigrazione, religione, cultura, proliferazione nucleare, sviluppo demografico, costituiscono continue cause di instabilità e spesso di violenza e hanno contribuito, in tempi recenti, a rinfocolare la conflittualità tra Islam e Occidente: lo stesso Autore afferma che il vero problema dell’occidente non è il fondamentalismo islamico, ma l’Islam in quanto tale, una civiltà diversa le cui popolazioni sono convinte della superiorità della propria cultura e ossessionate dallo scarso potere di cui dispongono.
Il futuro delle civiltà che Huntington prospetta ed auspica per una pace duratura è realizzabile solo a patto che gli stati guida imparino due semplici regole: la regola dell’astensione – secondo la quale gli stati guida dovrebbero impegnarsi a non intervenire nei conflitti interni ad altre civiltà – e la regola della mediazione congiunta – secondo cui la mediazione in conflitti tra stati spetta ai rispettivi stati guida. L’ultima regola che l’Autore ritiene necessaria per il mantenimento della pace è rappresentata dalla regola delle comunanze, secondo la quale ciascun popolo dovrebbe cercare di trasmettere i propri modi di vita e di condividere quelli delle altre popolazioni.
Tale principio consentirebbe la creazione di un ordinamento internazionale fondato sulle civiltà, non più intese come elemento antitetico alla coesione, ma piuttosto come elemento cardine per una reciproca conoscenza ed accettazione



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